A fare il punto della situazione, così come riporta Il Messaggero, è stato l’infettivologo Matteo Bassetti, direttore della Clinica di Malattie infettive dell’Ospedale San Martino di Genova, che, dopo aver ricoverato un paziente di 76 anni colpito dall’Australiana, ha riferito: “Quadro clinico impegnativo, sintomi importanti e predomina il quadro neurologico a dimostrazione del tropismo di H3N2 per tanti organi tra cui i polmoni e il cervello”.
Il ceppo australiano è stato identificato come più pericoloso perché in genere è più virulento e pesante negli effetti rispetto agli altri sottotipi ed è anche più immunoevasivo, capace di eludere parte delle nostre difese immunitarie.
A chiarirne i meccanismi è stato il virologo Fabrizio Pregliasco, direttore sanitario dell’ospedale Galeazzi - Sant’Ambrogio di Milano, che ha affermato: “L’influenza è la forma più pesante fra le varie infezioni respiratorie - spiega -. E tra i vari tipi, la A è quella che provoca sintomi più intensi. Le varianti H3N2 e H1N1 sono quelle che danno più manifestazioni di risposta all’infezione”.
Tra le manifestazioni che l’Australiana può causare ci sono quelle che colpiscono il cervello e dunque può talvolta provocare disturbi come encefaliti e altre forme di infiammazione del sistema nervoso centrale. Poi c’è il cuore, che sembra essere altrettanto sensibile alla nuova influenza. Il virus può scatenare una serie di situazioni che, direttamente o indirettamente, vanno ad influire sul benessere cardiaco con possibilità di sviluppare un infarto, ad esempio.
Ma non è tutto. Si possono sviluppare fenomeni nocivi per il cuore come la tachicardia e può accadere che il virus dell’influenza operi in aree esterne all’apparato respiratorio, come appunto le cellule cardiache. E quest’ultimo motivo può portare ad una miocardite, nonché dare origine a scompenso cardiaco e ad aritmie.