I cambiamenti climatici coinvolgono tutte le dinamiche atmosferiche con conseguenze sotto gli occhi di tutti; questa volta vogliamo approfondire una questione molto delicata che potrebbe avere ripercussioni fino al prossimo autunno. Stiamo parlando delle acque superficiali del mar Mediterraneo che di fatto stanno acquisendo caratteristiche tropicali, per le alte temperature: stanno toccando punte fino a 30°C, proprio come ai Caraibi.
A dominare la scena su buona parte dell'Europa da ormai oltre 2 mesi è il famigerato anticiclone africano. Questa configurazione, un vero e proprio blocco atmosferico, sta influenzando anche lo stato termico della superficie dei mari italiani, tanto che hanno già raggiunto la soglia dei 29/30°C specie sul mar Ligure, mar Tirreno e Canale di Sicilia, come possiamo vedere dalla mappa allegata.
Le proiezioni climatiche per le prossime settimane di Agosto delineano ancora scenari caratterizzati da temperature superiori alle medie, a causa della persistenza dell'anticiclone sub-tropicale. Ecco perché, tenendo conto di questa tendenza, possiamo supporre che l'attuale stato termico della superficie dei nostri mari possa conservarsi fino alla prossima stagione autunnale.
Avere un mare più caldo del normale (attualmente siamo a 4/5°C oltre la media) vuol dire avere un'energia potenziale aggiuntiva per intensificare le perturbazioni temporalesche o quanto meno per rafforzare quei fenomeni a scala locale, come per esempio i temporali marittimi.
Detto in parole semplici i contrasti termici rischiano di estremizzarsi ancor di più: da una parte abbiamo infatti le fresche ed instabili correnti in discesa dal Nord Atlantico/Europa, dall'altra il caldo accumulatosi sul bacino del Mediterraneo.
Una situazione potenzialmente pericolosa, per esempio, nel caso di "gocce fredde", ovvero sistemi di bassa pressione, costretti al momento a rimanere in posizione quasi stazionaria perché inglobate all'interno di figure anticicloniche. Una simile dinamica, inserita in un contesto di temperature marine elevate, farebbe così aumentare il rischio di Medicane (dalla fusione dei termini inglesi MEDIterranean hurriCANE "uragano mediterraneo"), cioè di cicloni dalle sembianze di uragani tropicali che traggono l'energia di sostentamento dal calore superficiale delle acque del Mediterraneo, in grado di innescare venti violenti, nubifragi e nei casi più estremi alluvioni lampo che solitamente interessano fasce ristretti di territorio (come successo a Genova nel 2011 e 2014 o alle Cinque Terre).
Sarà dunque fondamentale nelle prossime settimane e ancor di più all'inizio dell'Autunno tener conto del fattore "acque calde", un vero e proprio serbatoio di carburante per lo sviluppo di sistemi temporaleschi particolarmente violenti. Queste dinamiche si inseriscono nel quadro più ampio dei cambiamenti climatici in atto anche sul nostro Paese: aumentando la temperatura, non solo dobbiamo far i conti con ondate di caldo sempre più frequenti e durature, ma anche con eventi meteo estremi ogni qual volta si vengono a creare questi pericolosi contrasti.
Due facce della stessa medaglia...
A certificare questo trend climatico volto al riscaldamento dei mari ci sono i dati della Agenzia Europea dell'Ambiente: in particolare tra il 1981 e il 2018 la temperatura superficiale dei 5 mari d’Europa è aumentata di 0,2 - 0,5 gradi ogni 10 anni: prendendo i valori agli estremi, la temperatura del Nord Atlantico è aumentata di 0,2°C ogni decennio, mentre quella del Mar Nero di 0,5°C ogni decennio. Tra il 2000 e il 2019 il Mar Nero si è scaldato di circa 1 grado, il Mediterraneo e il Baltico di oltre 0,5 gradi, il Mare del Nord di circa 0,4 gradi e il Nord Atlantico di quasi 0,3 gradi. Sembra poco, ma non è così; uno o mezzo grado di differenza stanno già provocando effetti disastrosi come appunto le alluvioni lampo sempre più frequenti o i violenti temporali. Inoltre queste anomalie possono bastare per alterare gli ecosistemi, con un rischio di perdita di risorse ittiche e quindi di stabilità economica delle popolazioni che dipendono dal mare.


